L'inizio del viaggio

Published: Jan. 18, 2019, 2:22 p.m.

Di notte in Tanzania non si può guidare, mi dice Syia, l’autista del Safari di tre giorni che ho prenotato durante il mio giorno libero a Moshi e dal quale sono fuggita dopo un giorno e mezzo, verso Babati. Guardavo la città terrosa, bruna: molto curata in centro e decadente verso la stazione dei treni in disuso. Paul, intanto, mi spiegava come si prepara l’ugali e che il governo fa schifo. Con Nicas, un’altra guida, sono andata a vedere le cascate e una piantagione di caffè, dove un ragazzo Chagga – una delle 120
tribù della Tanzania – mi spiegava che viene raccolto a novembre, quando il frutto è rosso, si fa fuoriuscire il chicco umido, si fa asciugare e per sei settimane si mette in acqua: quelli buoni stanno sul fondo.
Non si può guidare di notte, eppure in quell’ultimo giorno a Moshi ho disdetto velocemente la stanza in cui dormivo e sono salita, poco prima del tramonto, sull’auto di un autista sconosciuto ingaggiato da chi mi aveva venduto il Safari. Ci sono volute ore per arrivare al camping, moderno e per turisti, vicino al parco: quale parco? Non lo sapevo. A ogni posto di blocco inspiravo forte e trattenevo in apnea, i muscoli rigidi, mentre l’autista scuotendo la testa mi diceva solo: “money, money”.