Le poesie di Ugo Foscolo, con la lettura dei sonetti più famosi

Published: June 29, 2006, 9:04 p.m.

Le poesie di Ugo Foscolo, con la lettura dei sonetti più famosi «Alla sera» Forse perché della fatal quiete tu sei l'immago a me sì cara vieni o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zeffiri sereni, 4 e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all'universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. 8 Vagar mi fai co' miei pensieri su l'orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme 11 delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirito guerrier ch'entro mi rugge. 14 «Solcata ho fronte» Solcata ho la fronte, occhi incavati intenti, crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto, labbro tumido acceso, e tersi denti, capo chino, bel collo, e largo petto; 4 giuste membra; vestir semplice eletto; ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti; sobrio, umano, leal, prodigo, schietto; avverso al mondo, avversi a me gli eventi: 8 talor di lingua, e spesso di man prode; mesto i più giorni e solo, ognor pensoso, pronto, iracondo, inquieto, tenace: 11 di vizi ricco e di virtù, do lode alla ragion, ma corro ove al cor piace: morte sol mi darà fama e riposo. 14 «A Zacinto» Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell'onde del greco mar da cui vergine nacque 4 Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l'inclito verso di colui che l'acque 8 cantò fatali, ed il diverso esiglio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. 11 Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. 14 «In morte del fratello Giovanni» Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra, o fratel mio, gemendo il fior de' tuoi gentil anni caduto. 4 La Madre or sol suo dì tardo traendo parla di me col tuo cenere muto, ma io deluse a voi le palme tendo e sol da lunge i miei tetti saluto. 8 Sento gli avversi numi, e le secrete cure che al viver tuo furon tempesta, e prego anch'io nel tuo porto quiete. 11 Questo di tanta speme oggi mi resta! Straniere genti, almen le ossa rendete allora al petto della madre mesta. 14