Tra Dio e Cesare

Published: Jan. 10, 2020, 5:55 a.m.

Gli mandarono alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo con una domanda. Essi andarono da lui e gli dissero: «Maestro, noi sappiamo che tu sei sincero, e che non hai riguardi per nessuno, perché non badi all'apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito, o no, pagare il tributo a Cesare? Dobbiamo darlo o non darlo?» Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché mi tentate? Portatemi un denaro, ché io lo veda». Essi glielo portarono ed egli disse loro: «Di chi è questa effigie e questa iscrizione?» Essi gli dissero: «Di Cesare». Allora Gesù disse loro: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Ed essi si meravigliarono di lui. (Marco 12:13-17 - La Bibbia) Indice della serie sul vangelo di Marco Gesù non aveva più tregua. I capi del popolo erano sempre a caccia di un pretesto per poterlo accusare. Questa volta fu incaricata una delegazione di erodiani e farisei per tentare di coglierlo in fallo.  La trappola era particolarmente insidiosa, infatti  quella che a noi potrebbe sembrare una domanda di poco conto, era invece un tentativo di far uscire Gesù allo scoperto su un argomento politico cruciale che divideva le varie fazioni politico-religiose in Israele: bisognava sottomettersi ai romani oppure era giusto ribellarsi? Era lecito, o no, pagare il tributo a Cesare? Avrebbero dovuto pagarlo oppure rifiutarsi di farlo? Se Gesù avesse risposto affermativamente alla loro domanda, essi ne avrebbero approfittato per screditarlo agli occhi del popolo come uno che appoggiava il dominatore romano e questo lo avrebbe squalificato come Messia agli occhi di tutti. Gli israeliti infatti pagavano a malincuore il tributo a Cesare, simbolo del dominio di Roma. Essi aspettavano che il Messia li liberasse dai nemici, non che li invitasse a pagare loro un tributo! Se invece Gesù avesse risposto negativamente, gli Erodiani sarebbero stati lì apposta, come rappresentanti di Erode e del potere romano, per arrestarlo con l'accusa di ribellione nei confronti di Roma. Si noti l'astuzia con la quale si erano avvicinati a Gesù fingendo di lodarlo proprio perché egli non aveva riguardi per nessuno e quindi avrebbe risposto secondo verità. Sembrava proprio la rivincita perfetta per il modo in cui poco tempo prima Gesù aveva messo in difficoltà i capi del popolo invitandoli ad esporsi relativamente a Giovanni Battista (Mc 11:30-33). In quella occasione, essi erano riusciti a uscirne con un "Non lo sappiamo", ma sapevano che Gesù non avrebbe potuto uscire altrettanto facilmente dalla loro trappola. Gesù conosceva il loro cuore, conosceva la loro ipocrisia, sapeva quanto si sentissero furbi in quel momento. Ma anche questa volta la sua risposta li lasciò a bocca aperta. Gesù attirò la loro attenzione sul fatto che il denaro che loro dovevano pagare per le tasse era stato coniato dai romani ed apparteneva all’imperatore. Che a loro piacesse o no, i Romani li avevano soggiogati, avevano occupato la loro terra e imposto le proprie monete. Quel denaro apparteneva evidentemente a Cesare. Il dominio romano era lì a testimoniare della maledizione che, secondo quanto indicato dalla legge (De 28),  era caduta sul popolo di Israele a partire dalla caduta di Gerusalemme nel 586 a.c. per essere venuti meno al patto con Dio. Anche se gli israeliti erano tornati nella terra di Israele ai tempi di Esdra e Neemia, e avevano ricostruito il tempio, il popolo non si risollevò mai completamente dal punto di vista spirituale. La storia di Israele nei secoli seguenti fu caratterizzata da una classe politica corrotta che ora stava andando a braccetto con i Romani traendo il massimo beneficio dal denaro dell'invasore. Basti pensare che a quel tempo persino il sommo sacerdote veniva nominato da Erode... In sostanza quegli ipocriti stavano cercando di farlo venire allo scoperto contro i Romani ma essi stessi si erano venduti volentieri ai Romani per denaro.