Per me il vivere è Cristo

Published: May 2, 2019, 5:55 a.m.

so infatti che ciò tornerà a mia salvezza, mediante le vostre suppliche e l'assistenza dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia viva attesa e la mia speranza di non aver da vergognarmi di nulla; ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia con la vita, sia con la morte. Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno. Ma se il vivere nella carne porta frutto all'opera mia, non saprei che cosa preferire. Sono stretto da due lati: da una parte ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio; ma, dall'altra, il mio rimanere nel corpo è più necessario per voi. Ho questa ferma fiducia: che rimarrò e starò con tutti voi per il vostro progresso e per la vostra gioia nella fede, affinché, a motivo del mio ritorno in mezzo a voi, abbondi il vostro vanto in Cristo Gesù. (Filippesi 1:19-26 - La Bibbia) Indice della serie sulla Lettera ai Filippesi Se la nostra vita finisse oggi, saremmo soddisfatti del modo in cui abbiamo servito il Signore come cristiani?  Certamente nessuno di noi è perfetto, ed è normale che ci siano alcuni casi in cui avremmo potuto fare meglio, ma come cristiani dovremmo cercare di essere integri e pronti ad incontrare il Signore in qualunque momento. D'altra parte chi di noi può essere sicuro che domani avrà un'altra possibilità?  Leggendo questo brano ci rendiamo conto che l'apostolo Paolo aveva le idee ben chiare sulla propria missione e aveva la coscienza pulita quando pensava al modo in cui l'aveva portata avanti. Ciò che colpisce nelle parole di Paolo è la sua determinazione nell'onorare Gesù Cristo in ogni circostanza, comunque fosse andata a finire la sua situazione! Si percepisce un combattimento dentro Paolo.  Infatti da una parte egli confidava nel fatto che la situazione difficile in cui si trovava potesse mutare velocemente per poter presto uscire di prigione se il Signore lo avesse voluto. Quindi Paolo confidava nelle preghiere che i Filippesi avrebbero continuato a fare per lui, ma soprattutto nella guida dello Spirito del Signore che aveva ogni cosa sotto il suo controllo. Se fosse stato liberato, avrebbe potuto ancora rallegrare i Filippesi mettendo a disposizione i propri talenti in mezzo a loro. Dall'altra parte egli sapeva che in un certo senso la morte sarebbe stata una liberazione migliore da tutte le sofferenze che stava passando per il vangelo. Infatti egli sarebbe finalmente giunto alla sua destinazione al cospetto del suo salvatore Gesù e avrebbe riposato in attesa della risurrezione dei morti (vedi Fi 3:11). Paolo sarebbe stato contento di poter ancora essere utile ai Filippesi, sarebbe stato felice di poter ancora predicare il vangelo. Sapeva di poter dare ancora qualcosa per il progresso nella fede di coloro a cui aveva annunciato Cristo e sapeva che un eventuale ritorno in mezzo a loro, in risposta alle loro preghiere, sarebbe stato di grande incoraggiamento per loro perché li avrebbe confermati ancora di più nella loro fede in Gesù Cristo. Ma se il Signore avesse guidato le cose in modo diverso, egli si sentiva tranquillo pensando anche ad una sua eventuale dipartita perché sapeva di non aver nulla di cui vergognarsi. Sapeva di aver servito il Signore con gioia e sapeva che sarebbe stato salvo e al sicuro in attesa della risurrezione. Così Paolo sintetizza il suo pensiero nella famosa frase: "per me il vivere è Cristo e il morire guadagno". Ovvero, "se continuo a vivere, vivrò per il mio salvatore e se morirò comunque andrò ad incontrarlo e sarà anche meglio". In un caso o nell'altro, Paolo aveva quindi motivo di gioire. Tornando alla nostra domanda iniziale, dovremmo chiederci se in questo momento possiamo fare lo stesso ragionamento di Paolo. Tutti noi sappiamo che non possiamo gestire la nostra esistenza come vogliamo e non sappiamo quando il Signore ci chiamerà a lasciare questo mondo. È un dato di fatto a cui tutti siamo sottoposti, credenti o non credenti.