Il mio vangelo

Published: Jan. 25, 2019, 6:55 a.m.

A colui che può fortificarvi secondo il mio vangelo e il messaggio di Gesù Cristo, conformemente alla rivelazione del mistero che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti, ma che ora è rivelato e reso noto mediante le Scritture profetiche, per ordine dell'eterno Dio, a tutte le nazioni perché ubbidiscano alla fede, a Dio, unico in saggezza, per mezzo di Gesù Cristo sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. (Romani 16:21-27 - La Bibbia)Indice della serie sulla Lettera ai Romani Quando il programma di Dio diventa il nostro programma, allora siamo sulla buona strada. L'apostolo Paolo aveva iniziato la lettera ai Romani in questo modo: Paolo, servo di Cristo Gesù, chiamato a essere apostolo, messo a parte per il vangelo di Dio (Romani 1:1) Egli era un apostolo ovvero un inviato di Dio, messo a parte, ovvero dedicato in modo speciale al "vangelo di Dio", alla buona notizia riguardante la salvezza in Gesù Cristo. Trovo molto significativo il fatto che Paolo concluda la lettera alludendo al medesimo vangelo ma chiamandolo "il mio vangelo". Non è un'espressione che noi normalmente usiamo, vero? Questa espressione di Paolo ha sempre incuriosito i lettori della bibbia e  sono state date molte spiegazioni piuttosto bislacche per spiegare perché qui e in altre sue epistole Paolo abbia utilizzato l'espressione "il mio vangelo" (es. 2Ti 2:8). Alcuni hanno ipotizzato che Paolo utilizzi questa espressione per sottolineare l'unicità del suo messaggio per distinguersi dagli altri apostoli mentre altri pensano che egli potesse parlare in quel modo perché aveva ricevuto il messaggio direttamente da Gesù e quindi l'utilizzo di questa espressione era una sua esclusiva. Onestamente non trovo soddisfacente nessuna di queste spiegazioni alla luce di tutto il nuovo testamento anzi le trovo piuttosto speculative. Ad esempio proprio nella lettera ai Galati Paolo sottolinea che anche se aveva ricevuto il messaggio in maniera indipendente dagli altri apostoli, gli incontri con gli apostoli avevano poi rassicurato Paolo tramite la loro conferma e approvazione (Ga 2:6-10). Mi sembra più plausibile e coerente con il resto del nuovo testamento considerare che con questa espressione Paolo semplicemente si identificava completamente con il messaggio che era stato chiamato a condividere, al punto che lo aveva fatto proprio. Il vangelo di Dio di cui parla in Ro 1:1 è il medesimo vangelo a cui egli si riferisce qui chiamandolo il "mio vangelo" e non ha senso pensare che sia diverso da quello che predicavano gli altri messaggeri di Dio.  Altrove Paolo si riferisce al vangelo chiamandolo il "nostro vangelo" (es. 2 co 4:3, 1Te 1:5), includendo come minimo anche i suoi collaboratori ma più in generale tutti coloro che condividevano il medesimo messaggio. D'altra parte se io mi riferisco a Gesù chiamandolo il "mio Signore",  questo implicherebbe che si tratti di un Signore diverso da quello degli altri? O forse intenderei dire che Gesù ha un rapporto con me che altri non possono avere? Credo che qualunque persona di buon senso risponderebbe "no" a queste domande. Paolo conclude questa lettera pregando per i suoi lettori affinché quel vangelo li rendesse forti, saldi, sicuri, senza alcuna incertezza. Quel messaggio, quel vangelo che egli aveva fatto proprio,  riguardava Gesù il Messia, il figlio di Dio che era venuto nel mondo per dare la sua vita per redimere l'umanità dal peccato e dai suoi effetti. In Romani 1:2 Paolo aveva dichiarato che il vangelo era stato promesso da Dio "per mezzo dei suoi profeti nelle sante scritture". Ora, concludendo la lettera, Paolo ribadisce che il piano meraviglioso di Dio non è una novità perché è un "mistero" che fu tenuto nascosto fin dai tempi più remoti. Ma non si tratta di un "mistero" come quelli a cui erano abituati i pagani, a cui solo pochi iniziati potevano accedere. Paolo usa questa parola per indicare invece qualcosa di nascosto che poi è stato svelato da Dio attraverso le scritture profetiche e quindi è a dis...