I discepoli che non se ne vanno

Published: Feb. 24, 2020, 5:55 a.m.

Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di Iose, e Salome, che lo seguivano e lo servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Essendo già sera (poiché era la Preparazione, cioè la vigilia del sabato), venne Giuseppe d'Arimatea, illustre membro del Consiglio, il quale aspettava anch'egli il regno di Dio; e, fattosi coraggio, si presentò a Pilato e domandò il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto; e dopo aver chiamato il centurione, gli domandò se Gesù era morto da molto tempo; avutane conferma dal centurione, diede il corpo a Giuseppe. Questi comprò un lenzuolo e, tratto Gesù giù dalla croce, lo avvolse nel panno, lo pose in una tomba scavata nella roccia; poi rotolò una pietra contro l'apertura del sepolcro.  E Maria Maddalena e Maria, madre di Iose, stavano a guardare il luogo dov'era stato messo. (Marco 15:40-47 - La Bibbia) Indice della serie sul vangelo di Marco In un momento in cui tutti avevano abbandonato Gesù, c'erano delle donne che avevano cercato di stare il più possibile vicino a lui fino al momento della sua morte. Come vedremo, le donne citate qui da Marco diventeranno addirittura protagoniste nella parte finale del vangelo come testimoni della risurrezione. Adesso che Gesù era morto, Marco sottolinea che vicino a lui non ci sono più i suoi apostoli più amati ma quelle donne che guardano verso la croce. Inoltre colui che andrà a reclamare il suo corpo per seppellirlo è addirittura un  discepolo che non ti saresti mai aspettato: Giuseppe d'Arimatea, illustre membro del consiglio. Così apprendiamo che in mezzo a tanti uomini di potere che avevano condannato Gesù a morte ce n'era anche qualcuno che invece aveva creduto in lui.  Giuseppe d'Arimatea viene descritto come uno che aspettava il regno di Dio e, evidentemente, aveva creduto che Gesù potesse davvero essere il Messia.  Se così non fosse stato, non si sarebbe certamente fatto avanti per reclamare il corpo di Gesù. Infatti Marco sottolinea che egli dovette farsi coraggio per presentarsi davanti a Pilato. Se consideriamo le motivazioni politiche per cui Gesù era stato crocifisso come sedicente re dei Giudei, comprendiamo che Giuseppe d'Arimatea si stava esponendo al rischio di essere considerato ribelle verso Roma, inoltre si stava esponendo al disprezzo da parte degli altri membri del consiglio che avevano condannato Gesù. Giuseppe d'Arimatea come membro del consiglio aveva seguito il processo di Gesù e l'evangelista Luca ci dice che egli non aveva dato il suo voto a favore della condanna (Luca 23:51);  quindi egli era già noto agli altri membri del consiglio per essere stato in qualche modo dalla parte di Gesù e ora rischiava di aggravare la sua posizione perché sarebbe certamente stato identificato come suo discepolo. Il coraggio di Giuseppe d'Arimatea diventa particolarmente evidente se consideriamo che, poche ore prima, lo stesso Pietro aveva addirittura negato di conoscere Gesù per paura di essere denunciato come ribelle. Cosa spinse Giuseppe d'Arimatea ad agire in quel modo? Consideriamo anche che, seppellendo Gesù egli, secondo la legge ebraica, sarebbe stato ritualmente impuro fino alla sera e non avrebbe potuto partecipare pienamente alle attività previste per il sabato. Normalmente una persona avrebbe fatto un gesto simile solo per un proprio parente... Evidentemente quell'uomo doveva davvero aver amato Gesù. Il sabato si avvicinava e Giuseppe d'Arimatea  voleva che Gesù  avesse una degna sepoltura. Era un modo per mostrare il suo affetto verso Gesù. Infatti se nessuno si fosse fatto avanti, Gesù sarebbe probabilmente stato gettato in una fossa comune, come accadeva ai condannati di cui nessuno reclamava il corpo. Come sappiamo Gesù era morto verso le 15, dopo sei ore di agonia. A noi possono sembrare molte ma Pilato si meravigliò che fosse già morto per...