Corro verso la mèta

Published: May 22, 2019, 5:55 a.m.

Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.  Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella. Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via. Siate miei imitatori, fratelli, e guardate quelli che camminano secondo l'esempio che avete in noi. Perché molti camminano da nemici della croce di Cristo (ve l'ho detto spesso e ve lo dico anche ora piangendo), la fine dei quali è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra. Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa. Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, allegrezza e corona mia, state in questa maniera saldi nel Signore, o diletti! (Filippesi 3:12- 4:1 - La Bibbia) Indice della serie sulla Lettera ai Filippesi Nessun cristiano dovrebbe mai sentirsi "arrivato" perché, per quanto possa essere maturo, ha sempre da imparare durante il suo cammino con il Signore. Nei versetti precedenti, l'apostolo Paolo aveva appena espresso la propria determinazione nel rinunciare a sé stesso e nell'identificarsi con Cristo guardando al suo ritorno con gioia. Ma non voleva che i Filippesi pensassero che egli si sentisse già arrivato; infatti egli non pensava di aver già ottenuto la perfezione ma si rendeva conto di essere in cammino verso il premio che Dio aveva preparato per lui. Egli sapeva che Gesù, con la sua opera perfetta sulla croce, aveva già fatto tutto per "afferrarlo", per dargli la dignità di figlio di Dio e per garantirgli la vita eterna. Ma allo stesso tempo egli doveva "afferrare" ciò che era stato preparato per lui, proseguendo il suo cammino con determinazione e con timore di Dio cercando di servire il Signore con gioia in vista della mèta finale.  Il cristiano non opera per guadagnarsi la salvezza ma opera in risposta all'amore di Dio. Ama Dio perché Dio lo ha amato e mostra il suo amore verso il Signore cercando di essergli gradito. Paolo desiderava che anche i suoi interlocutori prendessero esempio da lui, camminando come lui e non lasciandosi influenzare negativamente da coloro che non condividevano la loro fede, che camminavano verso la perdizione come nemici della croce di Cristo, che si preoccupavano solo del proprio ventre, ovvero della propria soddisfazione personale.   Paolo voleva ricordare loro che il cristiano non può vivere nello stesso modo in cui vivono coloro che non temono Dio perché egli ha una cittadinanza celeste. Nell'utilizzare la metafora della "cittadinanza celeste" Paolo utilizzò dei termini che richiamavano il concetto di colonia romana, termini che quindi i Filippesi conoscevano molto bene dal momento che Filippi era una colonia romana. Gli abitanti di una colonia romana erano infatti cittadini di Roma e godevano di tutti i diritti di ogni cittadino romano. I coloni erano normalmente dei militari che,  dopo aver partecipato ad una campagna non venivano fatti rientrare a Roma ma  venivano stanziati in maniera definitiva in una zona ricevendo dei lotti di terra sui quali costruivano le proprie case e vivevano con le proprie famiglie. Con il passare del tempo e delle generazioni, sorgevano quindi nuove città inserite in un territorio già abitato da popolazioni locali che essi presidiavano e difendevano da minacce che pote...