Costantino D'Orazio
"La canestra di Caravaggio"
Palazzo Mazzetti, Asti
Mostra aperta fino al 7 aprile 2024
\xc8 un\u2019autentica rivoluzione dello sguardo quella che, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, d\xe0 origine al genere pittorico che in Italia chiamiamo \u201cnatura morta\u201d e che nei paesi nordici prende il nome di \u201cstill life\u201d. Frutta, fiori, pesci, selvaggina, libri, teschi, strumenti musicali e oggetti d'uso quotidiano si ritrovano al centro di opere d'arte che per la prima volta assegnano loro uno status autonomo, da veri protagonisti. Sono tanti i motivi che, dalle Fiandre al Belpaese, favoriscono la diffusione di quest'onda: l'interesse scientifico per la natura, l'ascesa della borghesia, il divieto nei paesi protestanti di dipingere la Madonna, Cristo e i santi o, in quelli cattolici, la propaganda della Controriforma. Il risultato \xe8 sempre un ossimoro: l'artista ritrae un fiore o un frutto destinato ad appassire in breve tempo, consegnandolo all'eternit\xe0. Non \xe8 forse il desiderio di ogni immagine?
In Italia la tradizione vuole che a inaugurare il nuovo genere sia stato nientemeno che Caravaggio con la celebre Canestra di frutta (1597-1600), oggi al centro di una mostra che ruota attorno alla natura morta. Fino al 7 aprile 2024, Palazzo Mazzetti ad Asti ospita il capolavoro di Caravaggio in prestito dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano, che lo custodisce dal lontano 1607. Il prezioso olio su tela dialoga con una ventina di dipinti provenienti da musei pubblici \u2013 dalla Galleria Borghese alla Venaria Reale \u2013 e raccolte private, come la Collezione Pallavicini e la Collezione Cremonini.
A cura di Costantino D\u2019Orazio, La Canestra di Caravaggio. Segreti ed enigmi della Natura Morta mira a documentare la nascita e l\u2019evoluzione dello still life, in particolare in ambito italiano, rintracciandone i prodromi ed evidenziando l\u2019influenza dell\u2019esempio del Merisi sugli artisti successivi.
Caravaggio aveva 23 anni quando cre\xf2 la sua Canestra per il cardinale Federico Borromeo. Prima di allora, frutti e fiori comparivano nei quadri come elementi decorativi o simbolici, di solito a corredo di scene in cui la figura umana era protagonista. Come mai allora un cardinale colto e pio come Borromeo non chiese al Merisi di dipingere un episodio religioso, bens\xec una cesta di frutti, alcuni per giunta bacati? Che cosa era in grado di comunicare nel XVII secolo una gerbera gialla in primo piano, o una composizione di cipolle, limoni e cacciagione? Per un pittore, si trattava semplicemente di un esercizio di abilit\xe0, oppure ogni natura morta cela un enigma da decifrare?
Obiettivo della mostra astigiana \xe8 offrire ai visitatori un vero e proprio vocabolario, in cui ogni frutto, vegetale, animale o oggetto rivela il proprio segreto. Nel caso della Canestra di Caravaggio, il limone \xe8 simbolo di purezza per l\u2019acidit\xe0 del suo succo; la pesca, composta da polpa, nocciolo e seme, \xe8 simbolo della Trinit\xe0 e la forma della sua foglia richiama quella della lingua, invito a pronunciare la verit\xe0. Ma gli oggetti pi\xf9 significativi della composizione sono la mela e l\u2019uva. Sulla prima \xe8 visibile il foro prodotto da un verme, che destina il frutto a una fine precoce, mentre le foglie dell\u2019uva compaiono fresche sulla sinistra e secche a destra. Si tratta di due Memento mori, che Caravaggio esalta con un sapiente uso della luce e delle pennellate (le foglie sulla sinistra sono fresche e costellate di rugiada, quelle a destra sono ormai secche, fino a diventare soltanto ombre). \u201cIn un\u2019epoca fortemente condizionata dalle idee del Concilio di Trento\u201d, scrive il curatore, \u201canche la Canestra si inserisce negli strumenti di conversione elaborati dagli artisti per la Chiesa Cattolica\u201d.
IL POSTO DELLE PAROLE
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