Guerra, valori, abiura, civiltà. Le parole ricorrenti del dopo Parigi 13/11. Intervista con Marcello Flores.

Published: Nov. 25, 2015, 11 p.m.

Marcello Flores insegna Storia comparata e Storia dei diritti umani nell'Università di Siena, dove dirige anche il Master europeo in Human Rights and Genocide Studies. Sono passate due settimane dagli attentati di Parigi, la strage che ha fatto 130 morti, 352 feriti, un centinaio dei quali ancora in ospedale di cui 30 – fino a due giorni fa – erano ancora ricoverati nei reparti di terapia intensiva. Abbiamo sentito in queste settimane molte affermazioni che riassumono lo spirito del momento. Eccone alcune: “Siamo in guerra”, “E' l'11 settembre della Francia”, “Gli islamici moderati prendano le distanze dai terroristi”, “La ferocia dei terroristi che colpisce i luoghi della vita quotidiana, i nostri stili di vita, e non i simboli”. Lo storico Marcello Flores, ospite oggi a Memos, analizza queste frasi anche alla luce delle contraddizioni che ciascuna di esse contiene: le alleanze belliche che confliggono al loro interno (vedi il caso di Turchia, Francia e Russia), le richieste di abiura a senso unico (verso gli “islamici moderati” e perché non anche verso i sostenitori dei regimi totalitari, ad esempio delle monarchie arabe del petrolio); infine la civiltà dei diritti “repubblicani”, nata dalla rivoluzione francese, colpita dal terrorismo fondamentalista e allo stesso tempo disattesa dalle elites che governano i paesi occidentali.