Ognuno ha bisogno di una "maschera", ma questa "maschera" è inassumibile. Sotto la maschera ci sarebbe un'altra maschera.
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Ogni oggetto corporeo ha bisogno di una "forma" per esistere: in altre parole, non potremmo vederlo, se non avesse forma. Dal momento che il corpo umano è pur sempre una "forma", questa è "mascherata" in vari modi. L'uomo ha necessità di mascherarsi.
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Il cinema è il movimento dell’immagine, il film è la scrittura del fare, il racconto di vita, è il fare stesso: l’impresa.
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Lo specchio non è speculare: impossibile specchiarsi nello specchio. Lo sguardo non rende le cose visibili. La voce è punto di astrazione, punto vuoto. Specchio, sguardo, voce sono irrapresentabili, intoccabili, invisibili.
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Ecco il fenomeno del luogo comune: deboli fratelli che invadono la società con lamenti per un padre perduto, lasciato, dimenticato, ucciso.
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L’identificazione risulta indispensabile, nell’itinerario, nella scrittura, nella qualità della parola.
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L’identificazione risulta indispensabile, nell’itinerario, nella scrittura, nella qualità della parola.
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L’invenzione si avvale dell’infinito. La poesia si fa d’infinito. Le cose possono giungere a destinazione soltanto in seguito alla poesia.
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L’artista (ma vogliamo dire ciascuno di noi, in quanto artista) ha decisamente una chance in più, perché avverte la direzione delle cose che si rivolgono verso la qualità, verso la poesia ovvero verso l’arte del fare.
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Non è il mestiere che rende meno intellettuale la persona, ma è la persona che si pone in un itinerario intellettuale, indipendentemente dal proprio mestiere.
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La questione religiosa consente di avvertire la vanità delle cose, in quanto punto vuoto incolmabile. Il punto non solo è mobile, ma non c’è dove lo si cerca e non lo si trova dove esso si muove.
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L’itinerario è impossibile da codificare, da decidere, da disciplinare, da regolamentare. Nessuno di noi è esente dall’itinerario, il viaggio della vita.
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Un paradosso indica sia un ragionamento che appare non valido, ma che deve essere accettato, sia un ragionamento che appare corretto, ma che porta a una contraddizione. Nulla è comune, nemmeno la credenza.
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Ciascuno nasce nel mito, da una famiglia principesca e industriale, per rinascere nel linguaggio.
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La paura deve essere presa come sentinella, come spia di qualcosa di nuovo da incominciare, da cercare, da avviare: la paura va presa per la punta e non per la coda.
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Se s’instaura la lingua diplomatica, cessa quella che Leonardo chiama la lingua dei litiganti, la lingua della padronanza sulla parola, sulla repubblica, sui cittadini, sulla città, sull’arte e sulla cultura.
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Se non c’è itinerario intellettuale, l’animazione (che preferisce il personale e il sociale, il luogo comune, l’identico e la finalizzazione delle cose) impedisce l’accesso alla cultura e all’arte.
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Il disagio è la forza che rilancia il fare, il dire, lo scrivere. La parola non è padroneggiabile.
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Lo scrittore vive fra una storia che cerca e una storia che lo trova.
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La trasformazione culturale, sociale e civile precede la trasformazione economica, che precede la trasformazione politica.
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L’idea di sé crea la fabbrica del soggetto e quindi della pena. Il piacere o la pena costituiscono l’idea di sé per la salvezza di sé, che gioco forza presume una pena da cui affrancarsi e un piacere da cui astenersi.
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Le dissonanze interessano i ricercatori molto più delle armonie.
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La pittura è poesia silenziosa, la poesia è pittura che parla. (Simonide, poeta greco, 556-468 a.C. - citato da Plutarco, in Della gloria degli ateniesi, II sec.).
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Il Teatro - come tradizione, trasmissione - attraverso la formazione e la maschera, giunge all’invenzione.
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L’equivoco comporta che l’enunciato non sia né vero né falso e non dà come risolto l’equivoco. Piuttosto, vero e falso si situano nella via di un’elaborazione.
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Quando le cose si scrivono e si fanno, lì è la riuscita.
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Il senso di colpa, anche in Freud, non è coscienza di colpa, è la sensazione di godimento, che viene tramutata in senso di colpa. Il senso di colpa come tale non esiste. Certamente, per giungere a questo occorre tenere conto dell’itinerario compiuto da Freud, da Lacan e oltre.
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Non c’è la fine delle cose, non c’è la fine dell’arte, non c’è la fine della cultura, non c’è la fine della scrittura, non c’è la fine delle cose che si fanno. L’arte resta. La cultura resta. Resta, perché si scrive.
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Non c’è controllo sul desiderio. Non posso dire né desidero, né non desidero. A me spetta fare. Un povero diavolo è chi assume il desiderio e si lascia trasportare da esso, in tutti i suoi raggiri.
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Facendo, il tempo aveva fabbricato Ulisse, non più come nessuno, ma come effetto.
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Le cose possono giungere a destinazione soltanto in seguito alla poesia. Senza la poesia non c’è impresa.
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La battaglia non è contro l’Altro, la battaglia è intellettuale, è costante, non è un’eccezione. In nessun istante la battaglia è assente.
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Una parola non vuole dire nulla. Ciascuna parola si costituisce nell’equivoco, nella menzogna e nel malinteso.
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Lungo il labirinto - dove l’itinerario è impossibile da codificare, da decidere, da disciplinare, da regolamentare - c’è la difficoltà dell’arte, la difficoltà dell’invenzione, la difficoltà della ricerca, la difficoltà quindi del cammino e del percorso.
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Soltanto facendo esistiamo. Non c’è altro modo di esistere.
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Il disagio può essere il pretesto per una svolta, per un progetto, per un’altra strada, che ciascuno può trovare.
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L’arte - come il gioco - non s’impara. E non s’impara una volta per tutte. Per questo c’è artista.
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L'ingenuità può risultare un espediente della poesia.
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La comunicazione avviene per via di artificio, di arte e d’invenzione.
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La memoria sfata l’archiviazione.
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L’impresa è dove le cose di fanno. Facendo, c’è impresa.
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Il contrappasso e il contropiede dimostrano come le cose non possano essere giustificabili, né finalizzabili.
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Il mistero si oppone alla logica, all’idioma, come il segreto starebbe al posto dell’enigma.
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Le cose non finiscono, entrano nella poesia, nella scrittura.
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Ciascuno nasce nel mito da una famiglia principesca e industriale. Ciascuno rinasce nel linguaggio.
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Come le cose si dispongono, ciò che s’instaura nel fare è il ritmo.
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Ciò che si fa si scrive.
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Una volta, per così dire, capito, il rebus resta ancora da intendere, ancora da leggere.
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L’ossimoro non può condizionare l’itinerario.
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Lo sdegno dei poeti aggiunge poesia alla poesia.
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Il ricordo è una forma di amnesia.
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Chi può dire qual è l’origine?
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L'ostacolo non è impedimento rispetto all'itinerario.
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Il labirinto è un tunnel, se ognuno si parla addosso, se ognuno parla nella propria lingua.
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Ciascuno restituisce quello che non ha avuto.
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L’invenzione riguarda quello che entra in gioco in un percorso.
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Costruire frammenti senza conclusione comporta che i ricordi divengano purificati e gravosi.
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Non c’è persecuzione che non sia da volgere in proseguimento, in proseguimento e ironia, modo dell’apertura.
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Non c’è soggetto incapace. Circonvenzione è una parola molto vaga. Indica soltanto che la parola ci sfugge, che nella parola c’è l’equivoco, la menzogna e il malinteso.
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Ci sarebbe dunque questa sostanza al di fuori della parola, che viene prescritta, viene additata, viene consigliata, viene suggerita per avere garanzia, perché l’impresa possa andare tranquilla, possa andare comoda, perché le cose possano dunque vedersi anziché udirsi.
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Il lapsus implica sempre un qui pro quo, una cosa per un'altra.
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Raccontando una storia, ciascuno è tratto in un dispositivo del dire, del fare, dello scrivere.
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Ciascuno che si trovi a scegliere tra due e, quindi, in un aut-aut, si ritroverà sempre in un vel.
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Il malinteso non viene mai dissipato, ma costituisce l’indispensabile perché le cose s’intendano.
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La metafora si rivolge al simbolico e sorge dall'instaurazione del nome.
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Se c'è visione, quale allucinazione acustica, non c'è ascolto.
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La sordità della burocrazia.
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Perché la malattia mentale non esiste. In memoria di Giorgio Antonucci.
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Il sogno entra nel racconto.
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Dissipare un malinteso comporta entrare in un altro malinteso.
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La parola è libera e non è al servizio di nessuno.
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La favola è artificio per la scrittura, per l'intendimento.
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Un cammino artistico e un percorso culturale costituiscono l’itinerario
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Il ricordo è ricordo di qualcosa che non è mai avvenuto, di qualcosa che non c’è mai stato.
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Scrittore è colui che annota che scrivere è impossibile.
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La battaglia intellettuale è senza sosta e non è contro qualcuno o qualcosa.
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Senza l'appuntamento, nessun incontro.
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Chi è il nemico?
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Un progetto può realizzarsi anche a dispetto di quella che ci appare come realtà.
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La vita è come un viaggio, tra varie stazioni: un itinerario impossibile da decidere, ma pur sempre un itinerario intellettuale, inventivo e artistico.
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Un racconto sul padre e sul figlio…
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